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Allattamento al seno dopo i 6 mesi solo per il 10% dei neonati. Troppo poco per i neonatologi italia

In occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno, che ricorre dal 1 al 7 ottobre, la Società Italiana di Neonatologia (Sin), fornisce una piccola “guida” di comportamento per permettere a tutte le mamme di affrontare nel migliore dei modi un gesto d’amore istintivo e naturale, l’allattamento al seno dopo i 6 mesi del proprio bambino, e mantenerlo nel corso del tempo. Nei primi giorni di vita, infatti, il 90% delle donne italiane comincia ad allattare al seno, ma già alla dimissione dall’ospedale la percentuale scende al 77% per poi crollare al 31% a 4 mesi e solo il 10% delle mamme continua ad allattare oltre i 6 mesi di vita.

Perché allattare al seno? “Il latte materno è un alimento unico, con una composizione disegnata dalla natura per rispondere al meglio alle esigenze del cucciolo di uomo. Completo dal punto di vista nutrizionale, il latte materno non costa nulla né alla famiglia né all’ambiente. Protegge il neonato da numerose patologie dell’età pediatrica, quali le infezioni gastrointestinali e respiratorie, e gli assicura una vita più sana, non solo nell’infanzia ma anche in età adulta, prevenendo molte malattie degenerative e cardiovascolari. La scienza ci dice inoltre che l’allattamento materno riduce il numero di morti improvvise del lattante, le cosiddette morti in culla, addirittura del 73%, diminuisce le possibilità di sviluppare il diabete di tipo 2 di quasi il 40% e riduce del 26% il rischio di sviluppare sovrappeso e obesità. Ma allattare al seno fa bene anche alla mamma, che sarà meno soggetta ad emorragie e a depressione nel periodo del post-partum, ed in seguito al cancro del seno, dell’ovaio e ad endometriosi”, spiega la Sin.

Chi ben comincia …: “non è mai troppo presto per iniziare ad allattare! “Già in sala parto, se le condizioni lo permettono, il neonato viene posto a contatto, pelle a pelle, con la sua mamma. L’attacco precoce è davvero importante: oltre a fungere da stimolo per l’avvio dell’allattamento, consente al bambino di ricevere il primo prezioso secreto, il colostro, ricco di sostanze nutritive e funzionali”.

Sempre insieme: “dopo la sala parto, mamma e bambino non si separano più. Il rooming-in, cioè la permanenza di entrambi nella stessa stanza di giorno e di notte, è oggi il modello organizzativo più utilizzato. La possibilità di rimanere insieme consente al piccolo un libero e frequente accesso al seno. Il neonato piangerà meno e allattare sarà più facile”.

A richiesta, ma cosa vuol dire? “Allattare a richiesta significa attaccare al seno il bambino ogni volta che lo richiede, per fame o per qualsiasi altro motivo. In media il neonato poppa 8-12 volte in 24 ore, a intervalli non sempre regolari e poiché la produzione di latte inizia quando il piccolo comincia a succhiare, non occorre aspettare che il seno “si riempia” tra un pasto e l’altro”, spiegano gli esperti.

Non guardate l’orologio: “i neonati non hanno l’orologio e non sanno aspettare, anzi, soprattutto nei primi tempi, è importante che la madre impari a cogliere i primi segni di fame. Non occorre attendere che il piccolo pianga e si agiti: allattare prima che sia arrabbiato facilita un corretto attacco al seno. Non dobbiamo inoltre preoccuparci se il bambino ha subito fame: il latte materno è molto digeribile e il suo stomaco si svuota presto”.

Come allattare? “Una corretta posizione durante la poppata è fondamentale. La mamma deve essere comoda e rilassata, il corpo del suo piccolo a contatto col suo corpo. Il neonato dovrà avere la bocca bene aperta, in modo da prendere in bocca non solo il capezzolo ma anche parte dell’areola, tenere le labbra rivolte in fuori e succhiare senza far rumore di schiocco”, aggiungono dalla Sin.

Per quanto tempo deve succhiare? “Non esiste un tempo ideale. La poppata termina quando il neonato si stacca spontaneamente dal seno”.

Notte o giorno? “Soprattutto nelle prime settimane il bambino ha necessità di attaccarsi al seno più volte, anche di notte. Assecondare i suoi bisogni e i suoi risvegli è necessario e la natura lo sa: la prolattina, ormone responsabile della produzione del latte, è più attiva nelle ore notturne, che rappresentano quindi un appuntamento da non perdere!”

Un po’ di certezze. “La preoccupazione delle mamme è sempre la stessa: probabilmente si sentiranno inadeguate e avranno paura di non nutrire abbastanza il proprio bimbo, ma se lui cresce, bagna il pannolino e si scarica regolarmente significa che tutto procede per il meglio. No invece alla doppia pesata ovvero al peso prima e dopo la poppata, che è solo fonte di ansia”.

No alle diete! “La dieta della donna che allatta dovrebbe essere il più possibile sana; sarebbe preferibile che la mamma non si sottoponesse ad inutili rinunce né a diete squilibrate che potrebbero compromettere la salute propria e del bambino. Non occorre nemmeno mangiare per due: per produrre il latte “a pieno regime” bastano circa 500 kcal in più al giorno. Attenzione invece al consumo di alcool, anche se un uso moderato è accettabile. Non bisogna credere a false tradizioni: in particolare la birra non aumenta la produzione di latte!”.

Non fumare! “Immaginate un neonato con la sigaretta in bocca? Certamente no! Ma se la mamma fuma, la produzione di latte risulta ridotta. Inoltre il fumo passivo aumenta il rischio di malattie respiratorie nel bambino”, aggiungono dalla Sin.

Ciuccio sì, ciuccio no. “L’uso del ciuccio può interferire con la capacità del neonato di succhiare al seno; nel primo mese di vita, quindi, il suo utilizzo incondizionato non è consigliabile. Dopo tale epoca, invece, il succhiotto può essere utile come intervento di prevenzione per la SIDS (sindrome della morte improvvisa del lattante), che è comunque meno frequente nei neonati allattati al seno”.

Vere controindicazioni: “le mamme che non possono allattare sono davvero poche. Al di là di alcune infezioni, come l’HIV, i farmaci assolutamente incompatibili con l’allattamento sono pochi e in genere è possibile prescrivere alla madre terapie alternative, che consentono di continuare ad allattare senza rischi. No quindi al “fai da te”: chiedere sempre consiglio al medico di fiducia, al ginecologo o al pediatra”.

Allattamento e poi…: “Il Ministero della Salute raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi; dopo tale epoca il bambino inizia ad assumere altri alimenti. Il latte di mamma resta comunque parte fondamentale della dieta fino ai due anni di vita o anche oltre”.

E se nasce prima? “La natura è sempre generosa e protegge ancora di più i bambini più a rischio; il neonato prematuro, infatti, beneficia del latte della propria mamma in modo speciale, attraverso la riduzione di malattie anche mortali come la setticemia o l’enterocolite necrotizzante. I pretermine che ricevono latte materno, inoltre, avranno a distanza un miglior sviluppo neurologico. L’allattamento materno è di grande aiuto anche per la madre: le restituisce infatti il suo naturale ruolo primario e la fa sentire indispensabile per il suo piccolo. La montata lattea, pur condizionata negativamente dallo stress della nascita pretermine, può presentarsi a qualunque età gestazionale. Le quantità di colostro prodotte, anche se minime, sono il più delle volte sufficienti ad iniziare una minima precocissima alimentazione, fondamentale per i neonati “critici”. Quando il latte materno non è disponibile, il latte umano, offerto gratuitamente da generose mamme donatrici, attraverso le Banche del latte, può essere considerato come un farmaco essenziale per i prematuri, soprattutto per quelli più piccoli o più gravi”.

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